Sempre, all’inizio di una partita, l’entusiasmo, spesso l’unico momento di entusiasmo, all’idea che questa sia «la» partita, quella in cui qualcuno supererà il record di dieci gol di Payne, quella in cui Hugh Gallacher dopo essere stato atterrato poi segnerà di testa da seduto, quella in cui accadrà lo straordinario, qualcosa di esaltante, la partita che verrà ricordata e di cui si parlerà per anni a venire, per il resto della vita. Quel momento, quella partita. Un nuovo inizio, forse? Ma già sospetto il peggio per tutte e due le squadre, ora che danno il calcio d’inizio dubito che possano giocare così bene da renderla memorabile questa partita, non mi interessa chi vince, sono qui solo per fare il mio lavoro, con professionalità, ho il mio orgoglio, ma che interesse posso avere se non mi importa chi vince, però non riesco, come fanno certi, a scegliere in maniera arbitraria una squadra, a tifare quella senza un reale motivo, la mia fedeltà è stata sancita quando ero piccolo, al Chelsea, e a nessun altro, non riesco a interessarmi a chi dei due possa vincere, il City o lo United, perciò posso solo sperare che avvenga lo straordinario, la partita unica: ma devo essere pronto, come sempre, in tutto, ad accontentarmi di qualcosa di meno.

Bryan Stanley Johnson
In balìa di una sorte avversa (1969)
Traduzione di Enrico Terrinoni
BUR/Rizzoli, 2011

(25 fascicoletti in una scatola, da leggersi in ordine casuale per simulare la modalità con cui i ricordi di una amico che non c’è più colpiscono l’autore mentre assiste a una partita di calcio come inviato; un libro strano, un libro bello)