Ecco la premessa del libro. La Vita era un esperimento del Creatore dell’Universo, il Quale desiderava collaudare una nuova specie di creatura che intendeva appunto introdurre nell’Universo. Trattavasi di una creatura con con la capacità di prendere decisioni da sola. Tutte le altre creature erano robot completamente programmati. Il libro era strutturato come una lunga lettera del Creatore dell’Universo alla Creatura sperimentale. Il Creatore si congratulava con la creatura e si scusava per tutti i disagi da essa incontrati. La invitava inoltre a un banchetto in suo onore nell’Empire Roon del Waldorf Astoria di New York, dove un robot nero di nome Sammy Davis Jr. avrebbe cantato e ballato.
Dopo il banchetto, la creatura sperimentale non veniva uccisa, veniva invece trasferita su un pianeta vergine. Mentre era in stato di incoscienza, dalle palme delle mani le venivano prelevate delle cellule vive. Un’operazione che non provocava alcun dolore fisico.
Dopodiché le cellule venivano immerse in un mare denso sul pianeta vergine, dove, col passare delle ere, si evolvevano in forma di vita sempre più complicate. Qualunque forma assumessero godevano di libero arbitrio.
Trout non aveva data alla creatura sperimentale un nome proprio, l’aveva chiamata semplicemente L’Uomo. Sul pianeta vergine L’Uomo era Adamo e il mare Eva.
L’Uomo bighellonava spesso lungo il mare. A volte s’inoltrava nella sua Eva, altre vi nuotava dentro, ma era troppo densa per una vigorosa nuotata. Dopo si sentiva sonnolento e viscido per cui si tuffava in un corso d’acqua gelida appena scaturito da una montagna.
Quando si tuffava in quell’acqua gelida lanciava u urlo e un altro ne lanciava quando riemergeva per respirare. Si graffava a sangue le gambe, e ne rideva, quando s’arrampicava sulla roccia per uscire dall’acqua. Sbuffava e rideva ancora un po’ e pensava a qualcosa di straordinario da urlare. Il Creatore intanto non sapeva mai cosa avrebbe urlato perché non esercitava alcun controllo sull’Uomo. Doveva decidere lui quel che avrebbe fatto… e perché. U giorno, per esempio, dopo un tuffo L’Uomo ebbe a urlare questa parola: “Formaggio!”. Un’altra volta urlò: “non preferireste guidare una Buick?”.
L’unico altro grosso animale sul pianeta vergine era un angelo che ogni tanto si recava a visitare L’Uomo. In effetti era un messaggero-investigatore assunto dal Creatore dell’Universo. Quest’angelo assumeva la forma di un orso bruno del peso di quattrocento chili. Era anche lui un robot, come il Creatore del resto, secondo Kilgore Trout.
L’orso cercava appunto di arrivare a capire perché L’Uomo faceva quel che faceva. Così per esempio chiedeva: “Perché hai urlato ‘Formaggio’?”.
E L’uomo gli diceva, schernendolo: “Perché avevo voglia di farlo, macchina sciocca”.

un romanzo di Kilgore Trout citato in
Kurt Vonnegut, La colazione dei campioni (1973)
Traduzione di Attilio Velardi
Feltrinelli, 2005