karate

Una volta, quando ero bambino, mi han portato nello studio di una TV locale, Canale 65 mi pare si chiamasse, a uno dei quei programmi scemi per bambini. Ogni bambino aveva un numero – il mio era il 13, e io ci sono nato il 13, quindi quando ho visto che mi davano quello ho pensato “Guarda te, la coincidenza” – e a un certo punto il presentatore ha sorteggiato tre numeri per fare un giochino, e uno dei tre era proprio il 13.
Ci han messo, a me e alle altre due bambine sorteggiate, di fronte a una telecamera, ci han dato un pandorino* e han detto Chi lo mangia per primo vince, pronti, via.
Ho vinto facile, che le bambine di umiliarsi così davanti a una telecamera non avevan voglia, e io preso dalla foga all’umiliazione non ci avevo pensato. Quando mi è riuscito di buttar giù il bolo di pandorino che avevo a metà tra la gola e lo stomaco, il presentatore mi ha sorriso e Complimenti, ha detto, hai vinto un mese di lezioni di karate gratis, sei contento?
Sì, ho detto io, anche se avevo dei dubbi.
E infatti già dalla prima lezione ho capito che il karatè, a me, faceva cacare. Anche per colpa del maestro, che continuava a buttarmi per terra spazzandomi le gambe da dietro per dimostrare che non stavo lavorando bene sull’equilibrio. Mi dava un fastidio, ma un fastidio, che mi veniva la tentazione di farmi piacere il karate solo per arrivare alla cintura nera e tornare dopo qualche anno dal maestro e buttar per terra lui.
Poi, invece, ho iniziato a giocare a pallone, e credo sia stato meglio così.

*non Paluani, fortunatamente, ma questa è un’altra storia

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