una crisi, una malattia

«Bene» seguitò «ecco un motivo di consolazione. Ma siamo daccapo. Come tutte le storie di questo mondo, anche la tua sfugge ad un’indagine. A meno che non si voglia ammettere che le “disgraziate circostanze” ti seguivano, perché facevano parte della tua persona. Obbedivano soltanto a te. Eri tu, insomma. Ma dove rifarsi? Come cavarne una morale? Eccoti diventato una persona saggia, da quel giovane superficiale che eri, e solo per virtù di qualche assassinio che hai commesso senza annettergli la minima importanza. Mi congratulo».
Tacemmo. L’aver ucciso Mariam ora mi appariva un delitto indispensabile, ma non per le ragioni che me l’avevano suggerito. Più che un delitto, anzi, mi appariva una crisi, una malattia, che mi avrebbe difeso per sempre, rivelandomi a me stesso. Amavo, ora, la mia vittima e potevo temere soltanto che mi abbandonasse.

tempo-di-uccidere

Ennio Flaiano
Tempo di uccidere
Bompiani, 2008

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