«Si tratta di una bicicletta?» domandò.
La sua espressione, notai con sorpresa, era rassicurante. La faccia era volgare e tutt’altro che bella, ma egli ne aveva saputo abilmente modificare e ricomporre i vari lineamenti sgradevoli, i quali ora mi offrivano bonomia, cortesia e una sconfinata pazienza. Sul davanti del suo berretto a visiera c’era un distintivo di grosse dimensioni, che recava scritta, a lettere dorate, la parola SERGENTE. Era il sergente Pluck in persona.
«No» risposi, allungando una mano per appoggiarmi al banco. Il Sergente mi guardò con aria incredula.
«Siete sicuro?» disse.
«Sicurissimo».
«Di una motocicletta, allora?»
«No».
«Con le valvole in testa e la dinamo per i fari? E magari il manubrio da corsa?».
«No».
«In tale circostanzialità, non può evidentemente trattarsi di una motocicletta».
Appariva sorpreso e sconcertato, e si appoggiò lateralmente al banco sostenendosi sul gomito sinistro, introducendosi le nocche della mano destra tra i denti gialli e sollevando sulla fronte tre enormi rughe di perplessità. Mi dissi ora che avevo a che fare con un uomo semplice, che non avrei incontrato difficoltà a trattare con lui e che avrei saputo cavargli tutte le notizie che mi occorrevano circa la cassetta nera. Non mi era chiara la ragione di quelle sue domande a proposito di biciclette e motociclette, ma decisi di rispondere a tutto con esattezza, di non affrettare le cose e di essere astuto in ogni mio rapporto con lui. Il Sergente si allontanò con aria distratta, poi tornò indietro e mi porse alcuni fogli di vari colori, che avevano tutta l’aria di moduli per licenza di monta taurina, per la tassa sui cani e roba simile.
Non guasterebbe se riempiste questi moduli» disse. «Ditemi,» continuò «non siete per caso un dentista ambulante, e non girate con un triciclo?».
«No, per nulla» risposi.
«O con un tandem brevettato?»
«No».
«I dentisti sono una congrega imprevedibile» disse. «Si tratterebbe dunque di un velocipede o di un triciclo a ruota alta?».
«No, niente affatto» risposi pacato. Di nuovo corrugando la fronte lui mi diede una lunga occhiata scrutatrice, come per vedere se dicevo sul serio.
«Sicché non sareste un dentista,» disse «ma semplicemente uno che vuole una licenza per un cane, o i documenti per un toro?».
«Non ho detto di essere un dentista,» dissi in tono brusco «e non ho nemmeno parlato di tori».
Il Sergente mi guardò con aria incredula.
«Questa è proprio curiosa» disse. «Questo è proprio un rebus enigmatico, un vero busillis».

Flann O’Brien
Il terzo poliziotto
Traduzione di Bruno Fonzi
Adelphi, 1992