Non c’è niente da ridere doveva il titolo a quello che, nel racconto, un giudice aveva detto durante un segretissimo processo di corte marziale all’equipaggio del bombardiere americano Joy’s Pride, sull’isola di Banalulu, nel Pacifico, un mese dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale.
Il Joy’s Pride era in condizioni perfette, dentro un hangar a Banalulu. Si chiamava così in onore di Joy Peterson, madre del pilota nonché infermiera ostetrica in un ospedale di Corpus Christi, Texas. Pride significa due cose. “Orgoglio” è la prima. E “branco” la seconda.
Eccoci al nocciolo: dopo che una bomba atomica era stata sganciata su Hiroshima, e poi un’altra su Nagasaki, all’equipaggio del Joy’s Pride era stato ordinato di sganciarne una terza su Yokoama, su un paio di milioni di “piccoli bastardi gialli”. I piccoli bastardi gialli di quell’epoca venivano chiamati “piccoli bastardi gialli”. Si era in tempo di guerra. Trout descrisse così la terza bomba atomica: “Una paonazza figlia di puttana grande quanto una caldaia nella cantina di una media scuola media”.
Era troppo grossa per essere stivata nello scomparto delle bombe, e così venne appesa sotto la pancia dell’aereo.
Quando il Joy’s Pride rullò per decollare nel cielo blu sfiorava la pista.
Mentre l’aereo si avvicinava all’obbiettivo, il pilota commentava a voce alta nell’interfono la celebrità che sarebbe derivata alla madre, l’infermiera ostetrica, una volta che loro avessero fatto ciò che si apprestavano a fare. Dopo che aveva sganciato su Hiroshima iI proprio carico, il bombardiere Enola Gay e la donna in onore della quale era stato battezzato erano diventati famosi come star del cinema. Yokoama aveva il doppio della popolazione di Hiroshima e Nagasaki messe assieme.
Tuttavia più il pilota ci pensava, più era sicuro che la sua dolce madre vedova non sarebbe mai riuscita a dire ai giornalistidi essere orgogliosa perché il figlio aveva ucciso un numero record di civili in una volta.
[…] A ogni modo.
Gli altri membri dell’equipaggio del Joy’s Pride, comunque, dissero al pilota che la pensavano come lui. Erano soli lassù nel cielo. Non avevano nessun caccia di scorta, poiché i giapponesi non avevano più aeroporti operativi. La guerra era terminata, a parte le scartoffìe da firmare: probabilmente si trattava della situazione che c’era anche prima che l’Enola Gay cremasse Hiroshima.
Per citare Kilgore Trout: “Quella non era più guerra, così come non lo era stato il bombardamento atomico su Nagasaki. Piuttosto era un: ‘Guarda che bravi che sono gli yankee!’ Puro show-business.”
In Non c’è niente da ridere, Trout scrisse che il pilota e il suo bombardiere si erano sentiti simili a dio durante le missioni precedenti, quando tutto quel che dovevano fare era sganciare sulla gente bombe incendiarie ed esplosivi convenzionali.
“Ma dio inteso con la d minuscola,” scrisse. “Si identificavano con divinità minori deputate unicamente a vendicare e distruggere. Tutti soli lassù nel cielo, con la paonazza figlia di puttana appesa sono la pancia dell’aereo, si sentivano come il Boss, Dio in persona, che aveva un’opzione che le altre volte non era stata prevista, quella di essere misericordioso.”
[…] Il pilota del Joy’s Pride fece un’inversione a U nel cielo. La paonazza figlia di puttana era ancora agganciata alla pancia dell’aereo. Il pilota puntò su Banalulu. “Lo fece,” scrisse Trout, “perché sua madre gli avrebbe chiesto di fare così.”
Durante il segretissimo processo di corte marziale che seguì, a un certo punto dell’udienza tutti si piegarono in due dalle risate. Il che indusse il giudice a picchiare furiosamente col martellone e a dichiarare che ciò che avevano fatto gli imputati non era “roba da ridere”. Quello che la gente aveva trovato così buffo era la descrizione che il procuratore aveva fatto del comportamento del personale della base quando il Joy’s Pride si era disposto all’atterraggio con la paonazza figlia di puttana a dieci centimetri dall’asfalto della pista.
Gente che si gettava dalla finestra. Che si pisciava addosso.
“Si verificarono tutti i possibili tipi di collisione tra svariati tipi di veicolo,” scrisse Kilgore Trout.
Tuttavia, quando il giudice aveva appena ristabilito faticosamente l’ordine, un’enorme crepa si era aperta sul fondo dell’Oceano Pacifico. Aveva inghiottito Banalulu, corte marziale, Joy’s Pride, bomba atomica intatta e tutto il resto.

Un racconto di Kilgore Trout citato in
Kurt Vonnegut, Cronosisma (1997)
Traduzione di S.C. Perroni
Bompiani, 1998