L’eroe principale del romanzo era un coniglio che viveva come tutti gli altri conigli selvatici sebbene fosse intelligente quanto Albert Einstein o William Shakespeare. Era una femmina, quindi una coniglia: l’unico protagonista femminile di tutti i racconti di Kilgore Trout.
Conduceva una normale vita di coniglia, nonostante il considerevole intelletto che si trovava. Era appunto giunta alla conclusione che quella sua mente non servisse a niente, che fosse una specie di tumore, che non avesse alcuna utilità nell’ambito degli schemi coniglieschi.
E così, saltellando saltellando, un giorno decide di andare in città per farsi asportare il tumore; ma un cacciatore, un certo Dudley Farrow, spara e l’ammazza prima che vi arrivi. Poi la scuoia e la sventra ma, d’accordo con la moglie Grace, decide alla fin fine che è meglio non mangiarla per via di quella testa insolitamente grande. I due, cioè, pensano quello che lei stessa aveva pensato qund’era viva: che la coniglia doveva essere malata.
E così via.

un romanzo di Kilgore Trout citato in
Kurt Vonnegut, La colazione dei campioni (1973)
Traduzione di Attilio Velardi
Feltrinelli, 2005