“permesso speciale pangalattico: validità 3 giorni”

Era una storia emozionante, tutta imperniata su un uomo che aveva preso parte a una specie di spedizione alla Lewis e Clark dell’era spaziale. Il protagonista era il sergente Raymond Boyle.
La spedizione aveva raggiunto quello che sembrava l’orlo assoluto e finale dell’universo. Oltre il sistema solare in cui si trovavano i membri della spedizione pareva che non ci fosse più nulla, e loro stavano montando degli apparecchi per captare i più deboli segnali che potessero venire dal più impercettibile qualcosa in tutto quel nulla di velluto che si stendeva là fuori.
Il sergente Boyle era un terrestre. Era l’unico terrestre della spedizione. Anzi, era l’unica creatura proveniente dalla Via Lattea. Gli altri membri della spedizione venivano da tutte le parti. La spedizione era uno sforzo congiunto finanziato da circa 200 galassie. Boyle non era un tecnico. Era un insegnante di inglese. Il fatto era che la Terra era l’unico posto, in tutto l’universo conosciuto, dove si usasse il linguaggio. Era una singolare invenzione dei terrestri. Tutti gli altri usavano la telepatia mentale, perciò i terrestri potevano trovare ottimi impieghi come insegnanti di lingue ovunque andassero, o quasi.
La ragione per cui certe creature volevano usare il linguaggio anziché la telepatia mentale era questa: avevano scoperto che col linguaggio si poteva fare assai di più. Il linguaggio le rendeva molto più attive. La telepatia mentale, con tutti che dicevano tutto a tutti in continuazione, produceva una sorta di indifferenzageneralizzata nei riguardi di ogni comunicazione. Invece il linguaggio, con i suoi significati lenti e ristretti, offriva la possibilitàà di pensare a una cosa alla volta, di mettersi a ragionare in termini di progetti. Boyle fu chiamato fuori dall’aula e invitato a presentarsi immediatamente al comandante della spedizione. Non riusciva a immaginare di cosa si trattasse. Entrò nell’ufficio del comandante, salutò militarmente il vecchio. Veramente, il comandantenon aveva affatto l’aria di un vecchio. Veniva dal pianeta Tralfamadore ed era alto più o meno come una lattina di birra terrestre. Veramente, non somigliava neanche a una lattina di birra. Sembrava un piccolo sturalavandini.
Non era solo. Era presente anche il cappellano della spedizione. Il cappellano veniva dal pianeta Glinko-x-3. Era una specie di enorme fisalia, in un serbatoio di acido solforico a rotelle. Il cappellano aveva un’aria grave. Era successa una cosa terribile.
Il cappellano invitò Boyle a farsi coraggio, e poi il comandante gli disse che c’erano bruttissime notizie da casa. Il comandante disse che a casa c’era stato un decesso, che Boyle varebbe avuto un permesso speciale di 3 giorni, che doveva prepararsi a partire immediatamente.
“È… è… la mamma?” disse Boyle, sforzandosi di ricacciare le lacrime.
“È papà? È Nancy?” Nancy era la ragazza della porta accanto.
“È il nonno?”
“Figliolo?…” disse il comandante, “fatti animo. Mi spiace di doverti dire questo: non è chi è morto, è cosa.”
“Cos’è morto?”
“Quella che è morta, ragazzo mio, è la Via Lattea.”

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un romanzo di Kilgore Trout citato in
Kurt Vonnegut, Dio la benedica, Mr Rosewater (1965)
Traduzione di Vincenzo Mantovani
Feltrinelli, 2005

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